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Una brutta fine attende l’orso polare

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L’aumento delle temperature causerà la sesta estinzione di massa. La differenza con le cinque precedenti siamo noi

L’immagine dell’orso polare alla deriva su un iceberg ormai sciolto è una delle immagini simbolo del surriscaldamento globale. E l’orso non è stato scelto a caso: entro il 2050 due terzi degli orsi polari potrebbero scomparire. 

In questi giorni il ghiaccio marino dell’Artico ha visto il livello minimo primaverile mai registrato in 38 anni di misurazioni satellitari. La sua estensione massima si è ridotta al ritmo del 3% ogni 10 anni. Anche sull’Everest tutto potrebbe cambiare.

In pratica questo cambiamento climatico potrebbe causare una “Sesta estinzione di massa”, come denuncia il nuovo rapporto del Wwf (“Cambiamenti climatici e sesta estinzione di massa”). La differenza con le prime prime cinque è semplice quanto tragica: non sarà frutto di fenomeni geologici naturali ma causata dall’uomo.

Nella mappa delle specie a rischio stilata dal Wwf, oltre a quelle già citate, ci sono anche orche e leopardi delle nevi, stambecchi, anfibi, fringuelli alpini e persino l’abete bianco, il tipico albero di Natale delle regioni settentrionali, tutte specie che stanno soffrendo come non mai l’aumento della temperatura e gli altri effetti dei cambiamenti climatici.

Gli effetti del global warming non si osservano sono ai poli. Il nostro mar Mediterraneo si sta “tropicalizzando”. Per questo arrivano specie che mai si erano viste. Nel Mediterraneo orientale, nelle acque libanesi e siriane, le specie non indigene hanno già superato il 50% in peso nella cattura della pesca e in Mediterraneo si contano ormai oltre mille specie aliene, di cui un centinaio sono ritenute pericolose per la biodiversità del bacino, l’economia o la salute.

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