Quanto inquina la nostra vita digitale?

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Secondo The Shift Project, la nostra ossessione tecnologica si porta dietro un’impronta di carbonio che non farà che aumentare

Mail, messaggi e chiamate su WhatsApp, qualche scambio su Telegram, un video in streaming su Youtube, il caricamento di storie e foto su Instagram e Facebook, qualche tweet, un sito di news sempre aperto, telefonate e messaggi vocali: è di questo che sono ormai piene le nostre giornate.
E anche quando le azioni che facciamo non sono tutte quelle elencate, anche quando mandiamo solo un paio di foto e condividiamo un piccolo tweet, contribuiamo comunque al traffico collettivo di internet e quindi al cambiamento climatico.
«Al cambiamento climatico?!?», vi chiederete: «E come?».

Beh, tutto ciò che fa un computer, un tablet o uno smartphone richiede elettricità. E, per generare quell’elettricità, il mondo usa ancora prevalentemente combustibili fossili – che producono anidride carbonica e contribuiscono a intrappolare il calore dei gas serra.
Di fatto, le tecnologie digitali hanno addirittura superato l’industria aerospaziale in termini di emissioni di carbonio, con un 4% di tutte le emissioni di CO2 rispetto a un 2,5%: questo dice un recente studio di The Shift Project, una think tank di Parigi che sta studiando dei modi per ridisegnare l’economia mondiale in modo che funzioni con le energie rinnovabili.

I calcoli comprendono sia i costi energetici della creazione di un’infrastruttura internet che l’uso effettivo di tale infrastruttura – c’è da dire che quest’ultima parte consuma in media 10 punti percentuali in più di elettricità rispetto alla produzione di tutte le attrezzature e la tecnologia messe insieme. Non è possibile pensare di gestire questi numeri con le energie rinnovabili, non con le percentuali che ci sono e che sono destinate a crescere.

Il problema principale è il traffico video: l’80% di tutti i dati trasferiti online sono dati video, di cui quasi il 60% è video online, vale a dire streaming memorizzati su un server e visualizzati in remoto, tramite siti come Netflix, YouTube o Vimeo.
E quindi che dobbiamo fare? Dobbiamo smettere di guardare i film per aiutare il clima? Oppure dobbiamo ripensare il modo con cui questi video ci vengono forniti? Far diminuire la lontananza tra server di dati e utilizzatore? Oppure dobbiamo aumentare l’efficienza dei processi? Magari stare attenti a usare il wifi più delle rete mobili?
Sì, forse dobbiamo fare tutte queste insieme e anche molte altre, per una «igiene digitale» – così si chiama – che possa essere al servizio di tutti.

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