Gli oli d’Italia: tanti Dop e Igp, pochi da olive da tavola
L’Italia indossa la maglia rosa per il numero gli oli extra vergini di oliva Dop e Igp riconosciuti dalla Unione Europea ma non per quello delle olive da tavola
Su 116 oli di oliva a dop e igp nella UE, l’Italia ne rappresenta 43 pari al 40% in tutta Europa. La percentuale scende drasticamente per le olive da tavola. Il nostro Paese si conferma terzo produttore in ambito UE, dopo Spagna e Grecia con appena 3 DOP di olive da tavola riconosciute: la Bella della Daunia in Puglia, la Nocellara del Belice in Sicilia e l’Oliva ascolana del Piceno in Abruzzo e Marche. Il 35% circa della produzione proviene da cultivar da tavola, la restante parte da cultivar a duplice attitudine la cui utilizzazione è estremamente variabile in dipendenza della domanda di mercato e dell’andamento stagionale. Il quadro produttivo nazionale vede Sicilia e Puglia come leader produttivi per le olive da tavola. La Sicilia si attesta su una quota del 44%, mentre la Puglia rappresenta circa il 25% della produzione nazionale.
I dati emergono dal convegno “la Peranzana dell’Alta Daunia, l’oliva dop alla conquista dei mercati” organizzato da Unaprol, Aprol e Coldiretti Foggia in occasione della costituzione del comitato promotore dell’omonima cultivar. Gli ultimi dati Istat disponibili riportano per il 2011 una produzione, a livello nazionale di olive da tavola pari a circa 76.000 tonnellate.
“Tale quantitativo rappresenta una quota di circa il 2% della produzione nazionale totale di olive, livello al di sotto della media europea dei Paesi produttori – ha riferito il direttore di Unaprol Pietro Sandali, e dimostra che l’Italia, pur essendo uno dei principali Paesi consumatori, attribuisce al settore delle olive da tavola un ruolo ancora marginale . Per questo – ha aggiunto Sandali vanno incoraggiati tutti gli sforzi per la nascita di forme di aggregazione che tutelino la produzione di questo importare settore che è caratterizzato da una forte domanda di prodotto certificato a livello mondiale”. Dai dati elaborati dall’osservatorio economico di Unaprol emerge che la maggior parte della materia prima commercializzata a livello mondiale (~ 60%), proviene da Grecia, Spagna, Tunisia e Marocco, paesi che a detta degli operatori del settore assicurano qualità, disponibilità costante e buoni prezzi.
In Italia operano circa 300 industrie di trasformazione di olive da mensa, di queste circa il 30% confeziona il prodotto. Nella generalità dei casi si tratta di imprese di ridotte dimensioni: circa il 60% degli impianti ha una potenzialità di lavorazione e di stoccaggio sotto i 2.000 quintali, mentre solo una percentuale intorno al 10% supera capacità maggiori a 5.000 quintali. La Dop “La Bella della Daunia” esporta ben il 65% della propria produzione, con destinazione prevalente nei mercati extra-Ue. Nettamente inferiori i volumi esportati per la Nocellara del Belice (13% ). Residuali i volumi esportati per l’Oliva Ascolana del Piceno. C’è quindi una grande richiesta da parte del mercato estero e nazionale di questo tipo di prodotto. E a questa domanda risponde la nascita del comitato promotore dell’oliva da tavola DOP Peranzana Alta Daunia, varietà ambientata nel territorio dei Comuni di Torremaggiore, San Paolo Civitate e San Severo che oggi interessa circa 10 mila ettari di oliveto. Il progetto del nuovo Comitato promotore è ambizioso ma vede impegnati una pluralità di attori che, oltre allo stesso Consorzio, registra il contributo di Unaprol con il suo progetto di tracciabilità, la Coldiretti e l’Aprol Foggia in sinergia con gli olivicoltori del territorio e la collaborazione scientifica di rinomate Università italiane.
(Ripartizione Regionale Produzione Olio da Tavola)
“Bisogna costruire i presupposti perché il comparto esca allo scoperto. Ha riferito, al termine, il direttore Sandali e che sia soprattutto tutelato. Per questo – ha poi aggiunto – nella nuova legge salva made in Italy dell’olio extra vergine di oliva che il Parlamento sta per approvare sono previste, all. art. 13 specifiche sanzioni accessorie alla condanna per il delitto di contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari”. Le sanzioni riguardano la pubblicazione della sentenza a spese del condannato su almeno due quotidiani a diffusione nazionale, ai sensi dell’articolo 36 del codice penale e anche il divieto per cinque anni di porre in essere qualsiasi condotta, comunicazione commerciale e attività pubblicitaria, anche per interposta persona, finalizzata alla promozione di oli di oliva vergini. (com)
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