I fiumi del mondo sono intasati di rifiuti farmaceutici

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Gli scienziati affermano che i livelli di medicinali nelle acque dolci sono pericolosamente alti e che colpiscono sia la fauna selvatica che gli ecosistemi

Prendiamo i farmaci con molta facilità: un mal di testa, un dolore mestruale, un disagio umorale, una lieve allergia ed eccoci subito a ingerire antidolorofici, antibiotici, ormoni, psicofarmaci, antistaminici – e chi più ne ha più ne metta. A volte ce li prescrivono i medici e altre volte no. A volte sono necessari e altre volte no.
Tutto questo per dire che ogni volta che prendiamo un farmaco dobbiamo pensare al fatto che quella medicina persisterà nell’ambiente molto tempo dopo che le sue tracce avranno lasciato il nostro corpo, quindi dovremmo essere meno superficiali quando decidiamo di farlo.

Secondo una nuova ricerca dell’IHEI Delft Institute for Water Education, i fiumi di tutto il mondo sono strapieni di rifiuti farmaceutici, concentrazioni di prodotti davvero troppo elevate per non destare preoccupazione.
La ricerca, che è stata presentata durante l’European Geosciences Union General Assembly di quest’anno, a Vienna, ha sviluppato un metodo in grado di prevedere la diluizione attuale e futura dei prodotti farmaceutici negli ecosistemi di acqua dolce, come fiumi e laghi, applicando il loro modello al caso del diclofenac, un comune farmaco antinfiammatorio usato per ridurre il dolore.

Il capo della ricerca, il dott. Francesco Bregoli, e il suo team hanno scoperto che oltre 10.000 chilometri di fiumi contengono il diclofenac a quantità superiori al limite suggerito dall’Unione Europea e che il suo uso veterinario ha portato alla quasi estinzione di una specie di avvoltoio nel subcontinente indiano.

Un problema molto importante, che non ha una soluzione immediata, visto che non esiste un modo efficace per trattare il diclofenac e gli altri farmaci: grandi quantità ne rimangono nelle feci umane e solo il 7% viene filtrato dalle strutture per il trattamento delle acque: a quel punto il 20% è assorbito dagli ecosistemi e il resto se va in mare aperto.

La questione, quindi, non è di studiare una nuova tecnologia, il punto è che le persone dovrebbero usare meno farmaci o tenerli almeno come ultima risorsa, invece che come trattamento regolare.
La ricerca ha dimostrato che se non viene intrapresa alcuna azione di mitigazione, la minaccia ambientale aumenterà del 65% nel 2050.
Pensiamoci.

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