Finocchio, come far sembrare eccellente anche il vino piu’ scadente

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Finocchio, una miscela di sostanze salutari: riequilibra gli estrogeni femminili, calma i dolori, allevia gli spasmi muscolari e aiuta il sistema digerente. E riduce gli effetti della menopausa

Cosa ha a che fare il finocchio con il vino? Più di quanto si possa pensare dato che veniva offerto dai cantinieri per “infinocchiare” i clienti che assaggiavano il vino nelle botti. Il “grumolo”, questo il termine tecnico delle foglie bianche che normalmente vengono mangiate, ha la proprietà di rendere gustoso anche il peggiore dei vini.

Diuretico, depurativo, gustoso, da consumare crudo, nelle insalate, in semi e da bere sotto in versione tisana. Insomma, a parte la furberia dei vinattieri, il finocchio è un alleato di salute e bellezza. Tanto per iniziare è privo di grassi mentre abbonda in sali minerali, soprattutto potassio. Ma non solo: contiene sostanze estrogeniche naturali – i flavonoidi – chiamati anche "fitoestrogeni".

Secondo recenti ricerche i fitoestrogeni esercitano un effetto equilibrante sui livelli degli ormoni femminili. Gli estrogeni aumentano se troppo bassi e diminuiscono se troppo alti. Motivo per cui il finocchio viene usato anche per alleviare i sintomi della menopausa, poiché riducono sia l’intensità che la frequenza delle vampate di calore e dei sudori notturni e per aumentare il latte nelle donne che hanno appena partorito.

Come se non bastasse, stimola il flusso mestruale, aiuta il sistema digerente, agisce sul sistema nervoso grazie alla sua abilità di prevenire o alleviare gli spasmi muscolari e ha un effetto calmante su tosse e bronchite. Ma il finocchio – conosciuto dal 1500 circa – non fa solo bene: è anche buono. E i suoi utilizzi in cucina sono svariati e molteplici, cotto e crudo. Il suo sapore dolce lo rende un’ aggiunta rinfrescante a una vasta gamma di piatti e se ne usano tutte le parti, semi compresi. I fiori si usano invece per aromatizzare le castagne bollite, i funghi al forno o in padella, le olive in salamoia e le carni di maiale (in particolare la "porchetta" dell’Alto Lazio).

È in uso nelle regioni costiere del Tirreno, un "liquore di finocchietto", per il quale s’utilizzano i fiori freschi e/o i "semi" e le foglie.

(Nereo Brancusi)

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